Iceland is a land of strong emotions, and strong contrasts in the landscape: glaciers That sink into the grass and meadows That dive into the sea, brilliant pasturelands and black sands That competes over vast stretches twisted and ravaged by the restless bowels of the earth.
Daniela and I crossed ITS beating heart-the Vatnajokull, one of the largest glaciers on the continent-from Jökulheimar on our way to Snaefell via Grímsvöten, the fuming volcano That devastates the land and the air all the way to the sea Whenever it reawakens. It’s a hidden giant That We smell in the air and Whose presence we feel many days before we see it.
We identify the immense caldera from a distance two to the column of steam That, thanks to the whims of the wind, sometimes hits us and makes us feel like we’re entering into an odd Turkish bath scented with sulfur from hell. When we reach the summit, it’s almost evening, and in front of our eyes opens a deep expanse That is breathing and puffing. We watch the sun as it moves around us, the long rays advance slowly, clothing the cold black lava property with a warm veil. We enjoy the embrace of this red warmth.
We are tired and sleep, but do not want to close our eyes. Tomorrow, the absolute white will return. We’ll stay here tonight, with our small tent pitched on the slopes of this hot, living essence. We’re about halfway through our trip. In a few days it will be the giant Snaefell, this one dormant, to show us the way. This evening, though, we want to breathe with the rhythm of the volcano.
L’Islanda è una terra dalle forti emozioni, come forti sono i contrasti dei suoi paesaggi; ghiacciai che si adagiano sull’erba e prati che si tuffano in mare, pascoli brillanti e sabbie nere che si contendono immense distese contorte e sconvolte da un ventre irrequieto.
Daniela ed io ne abbiamo attraversato il suo cuore pulsante: il Vatnajökull, uno tra i più grandi ghiacciai continentali. Dallo Jökulheimar allo Sneffel passando per il Grímsvötten, lo sbuffante vulcano che ad ogni suo risveglio travolge la terra ed il cielo sino al mare. Un gigante nascosto, la cui presenza annusiamo nell’aria e ci sentiamo addosso molti giorni prima di vederlo; un’immensa caldera che intuiamo in lontananza dalla colonna di vapore che, per i capricci del vento, a tratti ci investe facendoci entrare in un insolito bagno turco alla fragranza di zolfo infernale. Quando raggiungiamo la cima è quasi sera e ai nostri occhi si apre una profonda bocca che respira e sbuffa. Guardiamo il sole nel suo cammino intorno a noi; le lunghe ombre lentamente avanzano vestendo di un velo caldo la fredda lava nera ed immobile; godiamo dell’abbraccio di quel rosso tepore.
Siamo stanche e dovremmo dormire, ma i nostri occhi non hanno voglia di chiudersi; da domani davanti a noi tornerà il bianco assoluto. Rimarremo qui stanotte; la nostra piccola tenda piantata alle pendici di questo cuore caldo e vivo. Siamo circa a metà strada. Fra qualche giorno sarà il gigantesco Sneffel, addormentato questo, ad indicarci la rotta. Per questa sera però vogliamo respirare al ritmo del vulcano.