Viaggio in Turchia
Fa freddo. Abbiamo da poco superato i 5000 metri di quota quando la perfetta ombra a cono dell’Ararat viene proiettata verso l’orizzonte occidentale dai primi raggi di sole. Il rumore degli sci che graffiano la neve è sovrastato dall’ululato di un vento sempre più insistente che alza una pressante nube di gelido pulviscolo, nel quale scompariamo per poi riapparire di poco più in la. Il pendio inerpica costante, ripido, il fianco della montagna. Solo la fugace prospettiva di una prossima, veloce e divertente discesa mitiga l’insistente desiderio di mollare, di rinunciare alla vetta ormai vicina. Non c’è pericolo; anche nella tormenta so di poter trovare la giusta via per scendere. Possiamo stringere i denti, mentre il vento urla sempre più forte. Solo per alcuni attimi, nel punto più alto, ci è concessa una sbirciata oltre le nubi. La montagna di Noè, dei resti nascosti della sua arca, non si è regalata facilmente ma, come sempre, il punto di arrivo, la in alto, non è che un minuscolo, breve spazio di tempo, all’interno di una ben più vasta esperienza di viaggio, arricchita oltre le aspettative da nuove scoperte, che mai mancano di commuovermi ed appagarmi.
Trip to Turkey
It’s cold. We’ve just climbed above 5,000 meters of elevation when the perfectly conical shadow of Arafat is projected toward the western horizon by the first rays of sun. The sound of skis scratching on the snow is drowned out by the howling of an increasingly insistent wind, which raises a thick cloud of icy dust. We disappear into it, only to reappear a bit further on. The slope is constant and steep as we move up the side of the mountain. Only the prospect of fast and fun descent helps us resist the nagging urge to give up, to abandon the summit that we’re now approaching. There’s no danger. Even in the storm I know we can find the right route down. We grit our teeth as the wind howls even louder. For just a few moments, at the highest point, we’re granted a glimpse above the clouds. The mountain of Noah, of the hidden remains of his ark, is not easy to summit, but, as always, the objective, there at the top, is nothing but a small, brief space in time inside a vast travel experience enriched beyond expectation by new discoveries that never fail to move me and satisfy me.
Experience by Maurizio Giordani